Sconti IRES per nuove assunzioni. Un punto della delega fiscale da valutare, con prudenza
- 20 Maggio 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista


E’ il tema degli incentivi fiscali, che sono uno strumento ampiamente utilizzato sia nei Paesi sviluppati, sia nei Paesi in via di sviluppo per incoraggiare gli investimenti e per influenzare la localizzazione dell’attività produttiva verso determinate aree all’interno dello stesso Paese o verso determinati Paesi. La percezione dei responsabili politici e governativi dell’utilità degli incentivi fiscali è generalmente di grande apprezzamento. D’altra parte, se si esamina il tema con gli usuali schemi della riflessione economica emerge l’opportunità di chiarire, distinguere, condizionare, limitare. In base ai parametri dell’efficacia e dell’efficienza ci si imbatte in dubbi che consigliano cautela.
Un incentivo anche di un certo peso può non essere decisivo nel determinare un investimento perché esso riduce il costo del medesimo, ma la funzione macroeconomica degli investimenti non tiene conto solo del grado di profittabilità. Possono incidere in misura sostanziale anche la liquidità dell’impresa, la domanda del prodotto, la presenza di infrastrutture adeguate e altro ancora. Dal punto di vista dell’Erario l’incentivo è un costo di mancato gettito che diventa ingiustificato nel caso degli investimenti che si sarebbero effettuati anche in assenza dell’incentivo. Lungo il medesimo tipo di ragionamento, ci si può talvolta domandare se a fronte di un determinato risultato, per esempio la spesa per R&S delle imprese, non sarebbe stato meglio procedere con altri strumenti (sussidi, come nel caso dei vaccini anti Covid, e regolamentazione nella forma dei brevetti, i quali, peraltro sono criticabili in quanto possono essere di ostacolo alla diffusione delle innovazioni; si veda Stiglitz e Greenwald, “Creare una società dell’apprendimento” Einaudi, 2018).
Dal punto di vista di quell’aspirazione al perfetto che gli economisti chiamano “allocazione” delle risorse, un investimento che sia stato effettuato soltanto in virtù dell’incentivo fiscale rappresenta una deviazione da quello che avrebbe deciso autonomamente il mercato e, quindi, un allontanamento dall’ottimo. In altri termini, investimenti “drogati” dal dato fiscale possono essere di cattiva qualità. Non tutti, ma molti degli incentivi in atto sono il frutto di una scelta tra settori compiuta dall’operatore pubblico in modi irrazionali. L’ideale, invece, sarebbe non disturbare il mercato e porre tutti sullo stesso piano. Tuttavia, la politica industriale difficilmente può rinunciare agli incentivi fiscali. In questo momento, ciò appare tanto più vero per quanto riguarda la transizione ambientale e la produzione di energia.
Per quanto riguarda gli incentivi alla localizzazione dell’attività produttiva, la convinzione prevalente è che si tratti di un gioco a somma zero, nel senso che essi non sarebbero generalmente in grado di produrre un effettivo aumento del livello complessivo degli investimenti.
L’IRES, come le consimili imposte sui redditi delle persone giuridiche, è necessaria in quanto i canali di finanziamento della spesa pubblica non possono essere ridotti al prelievo sui redditi da lavoro e sui consumi (ed, eventualmente, sui patrimoni), ma è anche giustificabile come strumento della politica economica rivolta alle imprese. A seconda delle cangianti situazioni complessive rilevano le aliquote, la determinazione dell’imponibile e le loro variazioni congiunturali e settoriali. Se tutto questo porta alla scomparsa della tassazione si rinuncia ad avvalersi dello strumento.
Gli incentivi sono un’eccezione rispetto ad una regola maggiormente gravosa; ciò implica che l’aliquota formale non può essere trascurabile e, al contrario, impone che l’insieme degli incentivi non sia tale da annullare l’aliquota effettiva. Questo stato di fatto è quello delle imprese multinazionali oggetto di recenti accordi internazionali (ottobre 2021) che preludono all’introduzione di una tassazione minima al 15% per le società con ricavi (consolidati) al di sopra di 750 milioni di euro (cosiddetto Pillar Two). Secondo vari documenti dell’OECD (per tutti “Tax incentives and the global minimum corporate tax”, 2022) in tale prospettiva la materia degli incentivi va attentamente riconsiderata. Ciò vale per le imprese internazionali e di maggiori dimensioni che dovranno operare in ambiente Globe (Global anti – base erosion rules), ma un riesame del ruolo degli incentivi in generale può essere utile.
Vale un’importante distinzione a seconda che l’incentivo si connetta con la spesa effettuata dal contribuente o che si sostanzi in una riduzione (fino alla scomparsa) dell’aliquota. I tempi di reazione dell’impresa sono ragionevolmente diversi: più rapidi nel primo caso, meno nel secondo. La forma più frequente di incentivo legato alla spesa è l’ammortamento accelerato (che determina una riduzione del costo del capitale). Un’agevolazione di questo tipo per l’impresa che investe rappresenta, nel momento della decisione, un calo d’imposta certo. Ciò che, probabilmente, non può dirsi con uguale nettezza per l’incentivo congegnato come riduzione dell’imposta futura (che magari può non esplicitarsi per mancanza di profitti tassabili). Lo studio recente di riferimento sulla preferibilità dell’ammortamento accelerato, rispetto alla riduzione d’aliquota, è di Maffini, Xing e Devereux su “American Economic Journal: Economic Policy”del 2019.
Applicati a impianti e macchinari, gli ammortamenti accelerati, secondo l’OECD, risultano accettabilmente compatibili con il Globe, mentre sembra sia necessario attendere maggiori approfondimenti in relazione al Pillar Two. Considerazioni simili riguardano gli altri expenditure-based incentives operanti nella forma sia di tax deductions (riduzione dell’imponibile), sia di tax credits (riduzione dell’imposta lorda). Riguardo all’economia interna ad un determinato Paese, gli ammortamenti accelerati (di imprese nazionali o internazionali), se richiedono periodici aggiornamenti, impongono all’operatore pubblico una modesta intromissione nelle dinamiche dei mercati. Agevolare l’acquisto di macchinari moderni torna utile, per esempio, all’industria alimentare come all’industria meccanica, sebbene in misura differente.
Gli incom-based tax incentives presentano maggiori criticità in ottica Globe; sono stati e sono veicolo importante per la corsa al ribasso delle aliquote delle imposte tipo IRES, in quanto prevedono un trattamento fiscale preferenziale al reddito derivante da determinati investimenti. E’ chiaro che ampliando la preferenza e estendendo il novero degli investimenti agevolati si giunge nei pressi dell’aliquota zero. Incentivi di tal genere sono particolarmente riservati ai regimi della proprietà intellettuale. Anche il patent box italiano era simile, prevedendo una detassazione del reddito derivante da determinati beni intangibili. Con la legge di Bilancio per il 2022 si è, però, passati alla deducibilità di spese finalizzate a realizzare software, brevetti e disegni giuridicamente tutelati e erogate fin a ben otto anni prima dell’ottenimento della privativa industriale. E’ un lasso di tempo che sembra assai generoso. Rimangono nella normativa le regole che escludono dai benefici i contratti con società controllanti o controllate in modo da evitare il profit shifting. Per questo aspetto si è nella scia di Globe e di Pillar Two. Sul piano internazionale gli incentivi agli intangibili focalizzati sull’output (il reddito derivante dai brevetti), più che nell’aumentare il livello generale della ricerca, sono stati efficaci nel determinare la localizzazione fiscale dei profitti. Sarà interessante verificare se il mutamento verso l’input apportato alla normativa italiana abbia condotto ad un effettivo incremento delle attività di ricerca nazionali.
La delega fiscale prospetta anche una riduzione d’imposta se parte del profitto (secondo la lettera, già realizzato) venisse utilizzato per incrementare l’occupazione. Il dosaggio di input lavoro e input capitale rientra nelle più tipiche prerogative e capacità degli imprenditori. A parità di favore fiscale, un conto è procedere ad un investimento materiale e immateriale, cosa diversa accrescere l’organico, ovvero, affrontare un costo che si protrae nel tempo. Uno sconto sull’IRES in cambio di assunzioni potrebbe essere inteso come un incoraggiamento a rinunciare alla distribuzione di utili, ma non in cambio di un rafforzamento patrimoniale della società, bensì come contributo a risolvere il problema generale della disoccupazione. L’incentivo dovrebbe essere consistente e, però, a quel punto ci si dovrebbe domandare se l’operatore pubblico a sostegno dell’occupazione non possa avvalersi di altri e meno costosi strumenti.
Nel corso del 2022 i profitti in Italia hanno raggiunto livelli da record, dai quali probabilmente non ci si allontanerà molto nel 2023. Nel dibattito economico-politico non è scomparso il tema della tassazione straordinaria degli extra profitti.
C’è più di un argomento a suggerire prudenza con gli incentivi.